22.01.2016

[:it]I VINI DELLA PUGLIA[:]

[:it]I VINI DELLA PUGLIA Le origini della viticoltura in Puglia si perdono nella notte dei tempi: quando i mercanti fenici sbarcarono, intorno al 2000 a.C., sulla costa pugliese trovarono che le popolazioni locali già coltivavano la vite, e più avanti la colonizzazione greca fece progredire ulteriormente le tecniche di vinificazione locali. I vini pugliesi, in […]

[:it]I VINI DELLA PUGLIA
Le origini della viticoltura in Puglia si perdono nella notte dei tempi: quando i mercanti fenici sbarcarono, intorno al 2000 a.C., sulla costa pugliese trovarono che le popolazioni locali già coltivavano la vite, e più avanti la colonizzazione greca fece progredire ulteriormente le tecniche di vinificazione locali. I vini pugliesi, in epoca romana, furono esaltati da Plinio il Vecchio e dai poeti Orazio e Marziale, e anche con la caduta dell’Impero la viticoltura rimase la più importante attività produttiva.
In epoca moderna, la Puglia è stata il “polmone rosso d’Europa” quando, negli anni Settanta dell’Ottocento, i vigneti francesi prima e del nord Italia poi furono falcidiati dalla fillossera: commercianti e produttori si rivolsero alle vigne pugliesi, che arrivarono a coprire oltre 300.000 ettari (per dare un’idea, oggi in tutta Italia ci sono poco più di 700.000 ettari di vigneti) per sopperire al crollo della produzione delle altre regioni. Ma quando, dopo la Prima Guerra Mondiale, la fillossera arrivò anche in Puglia, fu un disastro. Il vigneto regionale fu ricostruito puntando soprattutto su Negroamaro e Primitivo, vitigni generosi, concentrati e ricchi di alcool, perfetti per una produzione di vini da taglio e da tavola: i tendoni con rese che arrivano a 400 quintali per ettaro sono una realtà, nella regione con la più alta produzione di vino in Italia. A ciò si aggiunga che la quasi totalità dei vigneti è collocata in zone pianeggianti.
Oggi, anche se il 70% della produzione regionale riguarda i vini da tavola, si registra un’inversione di tendenza con il tentativo di migliorare la qualità dei vini prodotti. La zona più all’avanguardia da questo punto di vista è quella della penisola Salentina, dove si trovano splendidi vigneti ad alberello soprattutto di Negroamaro, ma anche –in particolare nella parte tarantina della penisola- di Primitivo che producono vini di eccellenza assoluta, in cui l’elevato tenore alcolico è bilanciato dalla giusta freschezza e da una buona sapidità. La zona d’elezione, il cru se vogliamo, per il Primitivo è quella di Manduria, ed è notizia recentissima l’ottenimento della DOCG da parte del Primitivo di Manduria, per ora solo nella versione Dolce Naturale: si tratta di un vino raro e prezioso, che non è possibile realizzare in tutte le annate poiché l’appassimento dei grappoli in vigna richiesto dal disciplinare richiede un inizio autunno asciutto. Si tratta comunque di uno dei vini dolci italiani con più personalità, che non teme confronti in quanto a concentrazione e intensità.
Nelle Murge si producono vini interessanti soprattutto dall’Uva di Troia, in particolare nella zona di Andria; a Gioia del Colle, dove l’altitudine media è intorno ai 400-450 metri e le escursioni termiche sono buone, si ottengono vini di indubbio interesse, e in qualche caso di eccellenza, da Uva di Troia e soprattutto da Primitivo, che qui riesce ad avere la freschezza e la complessità necessarie ad equilibrare il suo importante tenore alcolico. Va poi ricordato che in Puglia è assai rilevante la produzione di rosati, generalmente da uve Negroamaro, di ottima struttura per la tipologia e molto apprezzati in tutta Italia.
Anche se i vini rossi, che si trovano particolarmente bene sui terreni ben drenati a base di argilla e calcare che caratterizzano il territorio pugliese, fanno la parte del leone, nella zona della Daunia si producono bianchi di un certo interesse: i vitigni prevalenti sono Bombino Bianco e Trebbiano Toscano, mentre in provincia di Bari si alleva anche la Verdeca. Ci sono anche piccole produzioni di vini da uve internazionali, in particolare Riesling in provincia di Taranto e Chardonnay nel barese, che a volte danno risultati di rilevanza nazionale. Oggi la regione attraversa un periodo di profonda ristrutturazione, in cui è chiara la necessità di produrre vini di qualità in cui il grado alcolico, che spesso arriva nei vini rossi a superare il 16%, debba essere o contenuto o bene integrato nella struttura: una ricerca della qualità necessaria in un’era in cui il contadino, per non essere spazzato via dall’industria, deve essere, quando non artista, artigiano e presentare un prodotto con una sua identità.[:]

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