22.01.2016
[:it]I VINI DELLA CALABRIA Sappiamo che la viticoltura, in Calabria, ha una storia antichissima, precedente alla colonizzazione greca dell’VIII secolo a.C.. Il vino più rappresentativo della regione è il Cirò Rosso DOC, che si fregia della menzione “Classico” nei comuni di Cirò e Cirò Marina, dove si trovano le vigne più vecchie, spesso di età […]
[:it]I VINI DELLA CALABRIA
Sappiamo che la viticoltura, in Calabria, ha una storia antichissima, precedente alla colonizzazione greca dell’VIII secolo a.C..
Il vino più rappresentativo della regione è il Cirò Rosso DOC, che si fregia della menzione “Classico” nei comuni di Cirò e Cirò Marina, dove si trovano le vigne più vecchie, spesso di età fra i 50 e i 70 anni, rigorosamente allevate ad alberello, sistema di impianto tradizionale che garantisce i risultati migliori, specialmente in climi caldi. Il vitigno del Cirò Rosso, il Gaglioppo, è piuttosto produttivo e resistente a calore e siccità; non ha una grande struttura, ma è di buona beva e piuttosto versatile negli abbinamenti; non va inoltre sottovalutato come il Cirò Rosso possa esprimere buoni vini a prezzi decisamente competitivi. Il vitigno a bacca rossa più interessante, però, è l’autoctono Magliocco, caro a Gino Veronelli, recuperato in tempi recenti e che non rientra in alcuna DOC; nelle migliori riuscite, l’ampiezza dei suoi profumi e il suo carattere deciso richiamano i grandi vini del Rodano. Segnaliamo inoltre la presenza di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, oltre che di esperimenti con vitigni internazionali, che anche ove diano vini corretti o più che corretti non sono pienamente rappresentativi dell’enologia regionale.
I vitigni a bacca bianca più diffusi sono l’onnipresente Trebbiano Toscano e il Greco Bianco, il quale è alla base del Cirò Bianco e del Melissa Bianco; si punta molto, però, anche su un vitigno autoctono poco conosciuto, il Mantonico, dalle particolarissime caratteristiche. Di bassa acidità e piuttosto tannico per un bianco, il Mantonico appare come una promessa le cui potenzialità devono ancora essere svelate, pur essendone già in produzione esempi interessanti.
Chiudiamo con due chicche che rappresentano eccellenze assolute, quantunque di nicchia, nel campo dei vini dolci. L’antico Moscato Passito di Saracena, già presente sulle tavole papali nel Cinquecento, è stato recentemente recuperato, ma nonostante la nobile storia e i massimi riconoscimenti di tutte le guide, che arrivano puntuali ad ogni vendemmia, non ha ancora una DOC dedicata. Si ottiene da un mosto fiore di Guarnaccia e Malvasia, che viene concentrato e a cui vengono aggiunte in misura del 30% le uve di Moscatello di Saracena, raccolte stramature e lasciate appassire: di straordinaria eleganza e pulizia dei profumi, è uno dei più grandi vini da dessert italiani. Altrettanto interessante è il Greco di Bianco DOC, da non confondersi con il Greco Bianco: Bianco, qui, è il comune in provincia di Reggio Calabria dove si produce questo vino, con un’uva che presenta notevoli affinità con la Malvasia delle Lipari, di cui probabilmente è un clone. Di grande struttura e persistenza, ha un corredo aromatico unico, in cui uno stile ossidativo dona profondità ai richiami di albicocche e miele di zagara. La produzione di questi due vini ammonta a poche migliaia di bottiglie l’anno, ma queste sono eccellenze che è davvero necessario divulgare.[:]