03.07.2021
Domande e risposte utili
Risposta: L’azienda, con i prodotti propri, può preparare e vendere panini e taglieri nel mercato nel rispetto delle norme igieniche. In particolare, l’azienda deve avere a disposizione: una vetrina refrigerata per la conservazione dei prodotti deperibili (es. prosciutto, formaggi freschi, ecc.); una vetrina parasputi per evitare il contatto diretto col pubblico; un piano di lavoro in acciaio o altro materiale idoneo sul quale effettuare il taglio o la porzionatura dei prodotti; dispositivi idonei per l’igienizzazione delle mani e delle attrezzature. La composizione del panino deve essere fatta dall’operatore con i guanti e mascherina, ben protetto dal contatto diretto col pubblico. Anche nella fase di trasporto dall’azienda al mercato i prodotti devono essere protetti da fonti di contaminazione e devono pertanto essere trasportati in contenitori puliti e se i prodotti trasportati necessitano della catena del freddo (es. salumi e formaggi freschi o altri prodotti molto deperibili) occorre utilizzare un mezzo refrigerato.
Risposta: È possibile utilizzare la cucina agrituristica come laboratorio multifunzionale per la produzione di alimenti per la vendita al consumatore, a condizione che:
– il locale sia diverso dalla cucina dell’abitazione;
– le attività siano effettuate in tempi diversi e intervallate da operazioni di pulizia e disinfezione. A questo proposito, si dovrà porre la massima attenzione al rischio di contaminazioni crociate tra alimenti aventi un diverso profilo microbiologico;
– le lavorazioni siano accuratamente descritte nel piano di autocontrollo (diagrammi di flusso relativi alle singole produzioni e loro collocamento in momenti diversi o giorni differenti);
– i quantitativi di prodotti complessivamente ottenuti siano limitati; qualora le lavorazioni dell’attività agrituristica siano orientate particolarmente verso una tipologia produttiva, con quantitativi consistenti di prodotti finiti, è opportuno che siano predisposti idonei locali;
– siano presenti attrezzature adeguate.
Risposta: Si definiscono prodotti ortofrutticoli di quarta gamma i prodotti ortofrutticoli destinati all’alimentazione umana freschi, confezionati e pronti per il consumo che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità atti a valorizzarli seguendo le buone pratiche di lavorazione articolate nelle seguenti fasi: selezione, cernita, eventuale monda e taglio, lavaggio, asciugatura e confezionamento in buste o in vaschette sigillate, con eventuale utilizzo di atmosfera protettiva (Legge n. 77del 13/5/2011). Pertanto, la quarta gamma non è idonea ad essere venduta allo stato sfuso al consumatore, poiché il taglio, con la rottura delle pareti cellulari, la rende ancora più deperibile, favorendo fenomeni di accrescimento microbico e il rapido decadimento degli attributi di qualità, di colore, aroma e consistenza, oltre che facilitare le possibili contaminazioni con altri prodotti e/o la presenza di corpi estranei. Per prodotti ortofrutticoli di IV gamma, inoltre, l’operatore deve garantire, in ogni fase della distribuzione, che i siano mantenuti ad una temperatura inferiore a 8°C.
Risposta: Ai sensi del Decreto Mipaaf 11/12/2009, sono esonerati dagli obblighi alle norme di commercializzazione le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale:
a) nel luogo di produzione;
b) in un mercato pubblico locale o nella vendita porta a porta nella regione di produzione come definita dallo Stato membro, che per l’Italia è circoscritta dall’art. 1 del DM 11/12/09 all’area territoriale di 10 km dal luogo di produzione (allevamento).
Nei suddetti casi le uova possono essere vendute non confezionate ed è sufficiente che siano singolarmente marchiate con il codice del produttore; per i produttori con meno di 50 galline ovaiole non è necessaria la stampigliatura del codice sulle uova, ma in tal caso il nome e l’indirizzo del produttore devono essere indicati nel punto vendita su un apposito cartello, a cui si suggerisce di aggiungere anche la tipologia di allevamento (es. all’aperto, biologico, ecc.), la data di deposizione e quella di consumo preferibile. Si evidenzia che l’imballaggio e l’etichettatura delle uova possono essere effettuate solo in un centro di imballaggio autorizzato, che soddisfi le condizioni previste dal DM 11/12/2009 (disponibilità di attrezzature tecniche necessarie per garantire un’adeguata manipolazione delle uova), verificate dalla Regione.
Risposta: In base al Reg. CE 852/2004, per i salumi e i formaggi stagionati non c’è un obbligo esplicito di conservazione in frigo, come invece è previsto per i formaggi freschi, le carni fresche, le carni macinate, le preparazioni a base di carne, ecc., che vanno conservate ad una temperatura non superiore a +4°. Ciò premesso, formaggi e salumi stagionati vanno conservati in un luogo fresco e al riparo dal sole (la temperatura ideale è 10°/12°). Tale condizione, tuttavia, non sempre si riesce ad assicurare in un mercato all’aperto, dove le condizioni ambientali alle quali il prodotto viene esposto (temperatura, luce, correnti d’aria) sono molto variabili. Per questo motivo, anche per formaggi e salumi stagionati le vetrinette frigo garantiscono una maggiore stabilità di condizioni di conservazione e di gestione del prodotto, in particolare per quelli tagliati e porzionati, anche se posti sottovuoto.
Risposta: I legumi possono essere venduti sfusi, purchè sia presente un cartello che indichi il nome del prodotto, con l’eventuale varietà (es. fagioli borlotti, fagioli cannellini, ecc.), oppure l’elenco dei prodotti, se sono un mix di legumi, oltre naturalmente al prezzo al kg. Va però detto che per motivi di igiene, oltre che di immagine e di valorizzazione del prodotto, è auspicabile vendere i legumi preincartati in sacchetti ad uso alimentare, su cui è presente almeno il nome del prodotto, oppure preimballati all’origine ed etichettati con tutte le informazioni previste dal Reg. 1169/2011, In questo ultimo caso, occorre riportare in etichetta le seguenti informazioni: la denominazione di vendita (es. ceci, fagioli, ecc.); l’elenco degli ingredienti, se sono composti da un mix di legumi; il nome e indirizzo dell’impresa responsabile delle informazioni e sede dello stabilimento di produzione/confezionamento, se diverso da quella del responsabile delle informazioni; la quantità netta; il termine minimo di conservazione (“da consumare preferibilmente entro”); l’origine, anche se per i legumi non è obbligatorio, tuttavia è consigliabile per una maggiore trasparenza verso il consumatore; il n° di lotto; le eventuali istruzioni di conservazione e di utilizzo, per esempio “conservare in luogo fresco e asciutto”; “sciacquare il prodotto, lasciare in ammollo per 8 ore, cuocere per circa un’ora”, ecc.
Risposta: Il termine “salsiccia”, pur non costituendo una denominazione legale, non essendo definito da alcuna norma (infatti non è presente tra i prodotti normati nel c.d “decreto salumi del 21/9/2012), tuttavia rappresenta una denominazione usuale ben comprensibile e individuabile dal consumatore, come insaccati costituiti da carni tritate con sale ed eventuali aromi. Pertanto, è sufficiente indicare come denominazione di vendita “salsiccia” o “salsiccia fresca”, senza l’aggiunta di ulteriori termini descrittivi, quali che relativi alla loro classificazione secondo il Reg. 853/2004 (rispettivamente “preparazione di carne” per le salsicce fresche e “prodotto a base di carne” per quelle stagionate). Più precisamente, è sufficiente la denominazione di vendita “salsiccia fresca quando il prodotto non è sottoposto a trattamenti di conservazione e “salsiccia” quando è stata sottoposta a stagionatura per un periodo sufficientemente lungo per far scomparire le caratteristiche della carne fresca, riscontrabile dall’esame visivo della superficie di taglio (nota del Ministero della salute n° 36818 del 27/9/2016).
Risposta: Con la nota n. 28434 del 30 dicembre 2020 il Ministero della Salute ha fornito chiarimenti circa la corretta etichettatura nel caso in cui negli allevamenti avicoli biologici si verifichino modifiche temporanee della modalità di allevamento. La nota ministeriale chiarisce che le modifiche temporanee della modalità di allevamento non vanno registrate in BDN, se dovute a situazioni transitorie e contingenti di cui risulta evidente e giustificato il carattere temporaneo (es. periodi di conversione delle pollastre o periodi successivi all’utilizzo di farmaci). In tali periodi, per garantire la corretta informazione al consumatore, la stampigliatura deve riportare sulle uova e loro imballaggi il codice della modalità con cui gli animali sono effettivamente allevati, fino al ripristino dei requisiti. Se la modifica temporanea interessa solo alcuni gruppi dell’allevamento, il codice può essere modificato solo per le uova prodotte da tali gruppi, a condizione che sia garantita la tracciabilità delle stesse uova. In tal senso, riguardo alle modifiche temporanee della modalità di allevamento, si ricorda che per ciascun allevamento di ovaiole è registrata in BDN la modalità principale di allevamento ed è inoltre possibile la registrazione della modalità di allevamento di singoli gruppi, se diversa da quella principale (prevalente).