Giovanni Succi: giovane vignaiolo del Polesine con la memoria antica
In un Polesine che fino a mezzo secolo fa era punteggiato di vigneti, per lo più di modeste dimensioni dove ogni agricoltore produceva per sé e per gli amici, con la scomparsa delle vigne a tutto vantaggio di altre colture, o peggio, insediamenti produttivi manifatturieri, l’opinione che il terreno polesano sia meno adatto di altre zone per gli impianti viticoli è diventata regola. Per i polesani, niente vino della loro terra e per accompagnare le cento e più gustosità mangerecce che il polesine invece sa offrire, d’obbligo il ricorso ai vini delle altre zone d’Italia. Più vocate, si dice. Non è di questo avviso Giovanni Succi che forte della sua passione per le vigne e della sua formazione razionale, di ingegnere meccanico e, pur non essendo ancora nato, quando nel Polesine si espiantarono i vigneti fino ad allora presenti, dalla sua azienda vitivinicola non esita nel dire che:
«Non è il nostro territorio che non produce vino buono. E’ che noi polesani abbiamo perso la cultura del vino e la conoscenza. Ci vuole passione, ma anche tanta pazienza, tanto tempo e tanto lavoro, … per ottenere un buon prodotto». Quasi a dire che più che un terreno vocato ci vuole la vocazione. Quella di fare il vignaiolo con la passione per un lavoro che quando riesce, diventa arte. Come tale va nutrita e coltivata, proprio come le vigne. Istinto, emozionalità, tecnica, perizia, amore per la materia e la sua forma. Destinata non solo alla vista, come succede per un qualsiasi oggetto d’arte, ma capace di soddisfare pure l’olfatto e il gusto. E tutti e tre gli organi di senso devono essere accordati in un unico sorso. Ben vengano dunque questi Giovanni Succi che dal “basso” dei loro 35 anni ma con la memoria antica, reimpiantino in terra polesana noti e coltivati vitigni fin dall’ottocento. Meglio ancora se oltre a Refosco, Cabernet Sauvignon, Merlot, Lambrusco, Raboso, Carmenére Malvasia, Riesling, Sauvignon, Pinot Grigio e Trebbiano, vitigni ben noti in quelle lande, i giovani vignaioli come Giovanni Succi scoprono le ancora più antiche varietà, come la Turchetta, che è entrata in produzione dal qualche autunno, a tenere compagnia agli altri vini dell’azienda vitivinicola dell’ingegner Succi.