05.12.2024
Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli
La situazione è drammatica. Il consumo di suolo fertile causato dalla cementificazione del territorio si ripercuote sulla capacità di produrre cibo delle nostre campagne, di assorbire e rilasciare acqua, di catturare anidride carbonica. Per la Fondazione Campagna Amica ciò è intollerabile. La grande ricchezza del nostro Paese viene sistematicamente distrutta da politiche a dir poco discutibili che pongono al centro il profitto di pochi a discapito della gran parte dei cittadini. Le cifre che emergono a sostegno di questa tesi sono evidenti. Se dovessimo monetizzare i servizi del suolo avremmo di gran lunga un valore irraggiungibile da qualunque servizio inventato dall’uomo. Di più! Consumando il suolo determiniamo uno stato di fragilità nel territorio che sfocia in disastri ambientali a cui bisogna contrapporre uno sforzo da parte delle casse dello stato insostenibile. Per questo proteggere il nostro paesaggio significa proteggere il nostro cibo, la nostra acqua, la nostra salute e le nostre tasche. L’ISPRA, nel suo ultimo, “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, rapporto presentato il 3 Dicembre, ci informa che nel 2023 la riduzione dell’”effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima. Complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, anche se con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente e continua ad avanzare al ritmo di circa 20 ettari al giorno, ricoprendo nuovi 72,5 km2 (una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze). Una crescita inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che risulta sempre al di sopra della media decennale di 68,7 km2 (2012-2022) e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere). In generale se si considera la perdita del suolo avvenuta non solo nell’ultimo anno, ma nel periodo tra il 2006 e il 2023, l’impatto economico viene stimato tra 7 miliardi e 9 miliardi di euro annui. Il valore perso di stock (ossia la perdita assoluta di capitale naturale) dello stesso periodo varia tra 19 e 25 miliardi di euro.
Ma cosa significa perdere suolo?
Nelle aree già molto compromesse, come le città, si trova quasi la metà del suolo perso negli ultimi 12 mesi. Ecco spiegato il manifestarsi delle isole di calore, che a loro volta causano svariati problemi di natura sanitaria e sociale. Perdere suolo in città significa compromettere la vivibilità delle stesse: un controsenso. Quando invece il consumo di suolo avviene in aree extraurbane le conseguenze sono la trasformazione del paesaggio, la frammentazione del territorio, la perdita di biodiversità, l’alterazione del ciclo delle acque, del ciclo dell’anidride carbonica, la modificazione del microclima, ecc.
Salvare il suolo è quindi un imperativo categorico e al di là di qualunque logica di profitto immediato, abbiamo la responsabilità di pensare il futuro.
Il suolo come l’acqua e l’aria, non si può sostituire!