20.05.2020
Sono numerosi i documenti, le leggende, le fonti storiche che testimoniano la conoscenza e l’uso del miele in tempi molto antichi.
Sono numerosi i documenti, le leggende, le fonti storiche che testimoniano la conoscenza e l’uso del miele in tempi molto antichi.
Una pittura rupestre scoperta nei pressi di Valencia in Spagna testimonia che già circa 10 milioni di anni fa l’uomo faceva uso del miele. Questa pittura raffigura una persona sospesa su una liana con una bisaccia e numerose api che le volano intorno mentre sta raccogliendo alcuni favi da un anfratto di roccia.
Quattromila anni fa gli Egizi praticavano l’arte dell’apicoltura, soprattutto lungo il delta del Nilo, seguendo con le proprie arnie la fioritura delle piante. Nelle tombe sono stati ritrovati coppe e vasi ermeticamente chiusi con all’interno miele che aveva conservato le proprie caratteristiche organolettiche. I geroglifici confermano che il miele veniva utilizzato sia come alimento che come rimedio medico.
I Greci lo consideravano il “cibo degli dei” e lo utilizzavano sia per la preparazione di dolci che come offerta votiva per le divinità. I Romani ne importavano grandi quantità da Creta, da Cipro, da Malta e dalla Spagna e lo utilizzavano come dolcificante, sia crudo che cotto, nei dolci, in salse agrodolci e per la preparazione di bevande come la birra e l’idromele.
L’apicoltura fu praticata in maniera artigianale durante tutta l’antichità, ma ebbe un grande sviluppo nel Medioevo, con Carlo Magno che istituì l’obbligo che in ogni podere lavorasse anche un apicoltore con il compito di badare alle api e preparare miele e idromele. Nel Rinascimento il miele era protagonista nei sontuosi banchetti degliaristocratici e per i maestri dell’arte culinaria rappresentava un ingrediente per dare prestigio nelle tavole delle grandi famiglie.
L’importanza alimentare del miele si mantenne fino all’avvento dello zucchero, un prodotto dolcificante, estratto sia dalla canna che dalla barbabietola, più economico del miele.
Per il miele poteva iniziare un periodo di marginalizzazione, invece a partire dall’800 si iniziò a proporre un’apicoltura semi-razionale che permettesse di estrarre il miele senza distruggere i favi e a puntare ad ottenere un prodotto sempre più pulito e libero da sostanze e sapori estranei. Nel 900 si sviluppa anche una maggiore attenzione alla provenienza botanica dei mieli che portò, negli anni Settanta, a caratterizzare i mieli unifloreali attraverso l’esplorazione e la quantificazione dei granuli pollinici rimasti come residuo in un miele per dimostrarne la provenienza. Da questo momento in poi non si parla più di “miele” ma di “mieli”. Oggi in Italia ne esistono più di 50 tipi, da quello d’acacia al millefiori, i più comuni, a quello d’arancio, d’eucalipto, di rododendro, di tiglio e di moltissime altre piante e fiori. Riscoperto per le sue proprietà alimentari e terapeutiche, il miele continua oggi a essere un prezioso collante tra storia, natura e nutrizione.