22.01.2016
[:it]I VINI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA La viticoltura è sempre stata un’attività assai rilevante nella regione, la cui realtà enologica è piuttosto complessa e variegata; va comunque tenuto presente come spesso il Friuli-Venezia Giulia sia stato un precursore delle tendenze dell’enologia nazionale. Negli anni Ottanta, da qui è partito il risveglio dell’enologia bianchista, dopo un […]
[:it]I VINI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
La viticoltura è sempre stata un’attività assai rilevante nella regione, la cui realtà enologica è piuttosto complessa e variegata; va comunque tenuto presente come spesso il Friuli-Venezia Giulia sia stato un precursore delle tendenze dell’enologia nazionale. Negli anni Ottanta, da qui è partito il risveglio dell’enologia bianchista, dopo un periodo assai buio per i bianchi italiani, e sempre qui si è svolta una strenua attività di ripescaggio di vitigni autoctoni; potrà sembrare strano, ma un vitigno oggi popolare e in qualche caso celebrato come la Ribolla Gialla ha rischiato di scomparire poco più di due decenni fa. Oggi, l’aspetto che balza immediatamente all’occhio passando in esame i viticoltori della regione è l’attenzione crescente verso la biodinamica e più in generale verso il movimento dei vini naturali, che qui vanta un numero decisamente elevato di produttori di qualità. E’ da sottolineare anche come, del milione di ettolitri di vino qui prodotti, con leggera preponderanza dei bianchi, i due terzi siano a DOC e DOCG.
Possiamo individuare due macrozone vinicole, una pianeggiante, che occupa la parte centrale e meridionale della regione, e una collinare posta ad est della precedente. La zona pianeggiante è occupata in gran parte dalla DOC Grave, che vanta oltre seimila ettari vitati e produce da sola più della metà dei vini di qualità della regione; in questi terreni di origine prevalentemente alluvionale le uve più diffuse sono per i bianchi il Friulano (ossia il vecchio Tocai che ha dovuto cambiare nome per ragioni burocratiche), il Sauvignon, il Pinot Bianco e il Pinot Grigio, e per i rossi i vitigni da taglio bordolese (ossia Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot) e l’autoctono Refosco dal Peduncolo Rosso. Prevalgono i bianchi, che qui maturano con facilità raggiungendo alte gradazioni alcoliche, a tal punto da creare un problema per alcune aziende, viste le difficoltà intrinseche di commercializzare vini bianchi in cui la struttura difficilmente riesce a equilibrare contenuti alcolici nell’ordine del 15%.
Le due DOC più importanti della zona collinare sono i Colli Orientali del Friuli (per brevità COF) e il Collio Goriziano, che geologicamente è tutt’uno con quello sloveno, in cui si ritrovano gli stessi terreni e gli stessi vitigni: i terreni marnosi o di arenarie, con un ottimo drenaggio ed esposizioni favorevoli in quota, creano condizioni ideali per la viticoltura di qualità. E’ qui che troviamo la Ribolla Gialla, insieme a campioni di Pinot Grigio e di Friulano dall’insospettata personalità. Di estremo interesse anche i rossi, a partire dal Merlot la cui introduzione risale alla dominazione austriaca e che si esprime straordinariamente bene in questo territorio: i Merlot del Collio, in particolare, sono una mirabile combinazione di struttura ed eleganza, e hanno ottime capacità di invecchiamento pur essendo godibili anche da giovani. Non vanno però tralasciati i grandi autoctoni a bacca rossa, quali il già citato Refosco, il troppo spesso dimenticato Schioppettino e il Pignolo, vitigno straordinario e prezioso ma poco conosciuto fuori dalla sua zona di produzione. Di rilievo anche la zona del Carso, in cui troviamo bianchi autoctoni di eccezionale personalità come la Malvasia Istriana e la Vitovska, oltre a un rosso come il Terrano su cui si sta puntando molto.
In questo variegato panorama abbiamo lasciato per ultime le due DOCG, che riguardano altrettanti vini dolci la cui produzione è quantitativamente assai inferiore ai vini delle DOC fin qui esplorate.
Il più conosciuto dei due è il Colli Orientali del Friuli Picolit DOCG, che si ottiene da uno dei vitigni di più difficile coltivazione al mondo, soggetto ad acinellatura e ad aborto floreale. Difficilmente le rese superano i 5 quintali per ettaro, il che significa che mediamente ci vogliono una ventina di piante per ottenere un litro di questo prezioso nettare, che si ottiene dalla torchiatura manuale, previo cernita degli acini, di uve selezionate manualmente e lasciate appassire sui graticci. Il Picolit è straordinario con i formaggi erborinati; la sottozona più vocata è quella di Cialla, per la quale il disciplinare prevede la vinificazione in purezza. In una microscopica area tra i comuni di Nimis e Tarcento, fra le colline della parte nord dei COF, si produce il Ramandolo DOCG, dall’appassimento di uve Verduzzo; di grande eleganza, è più aromatico e più vino da dessert rispetto al Picolit, di cui costituisce la degna controparte.[:]