20.05.2019
La produttività annua è stata stimata sulla base del numero totale di alveari censiti in circa 22.000 tonnellate
I dati della Banca Dati Apistica, aggiornati al 1 marzo 2019, indicano l’operatività in Italia di oltre 45.000 apicoltori che detengono in totale quasi 1,2 milioni di alveari e oltre 200.000 sciami. La produttività annua è stata stimata sulla base del numero totale di alveari censiti in circa 22.000 tonnellate.
Il Report 2018 dell’Osservatorio Nazionale del miele rileva che dopo tre anni di grave calo della produzione, la situazione inizia a migliorare, seppur in maniera non omogenea su tutto il territorio nazionale.
La pazza primavera ha creato gravi problemi agli alveari con il maltempo che ha compromesso molte fioriture e le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre se lo mangiano per sopravvivere. La sofferenza delle api è uno degli effetti dei cambiamenti climatici in atto che sconvolgono la natura e si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.
La pioggia no stop compromette il duro lavoro delle api e serve ora un rapido cambiamento del tempo per salvare gli alveari. Non si tratta solo della produzione del miele poiché prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti. Ma le api sono utili anche per la produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api.
Lo scorso anno la produzione nazionale finale è stata di 22.000 tonnellate grazie soprattutto al Centro e al Nord Italia dove gli apicoltori hanno potuto tirare un sospiro di sollievo dopo molte annate negative mentre al Sud l’andamento climatico ha pregiudicato i raccolti per tutto l’anno a partire dal miele di agrumi le cui rese sono state molto scarse, soprattutto in Sicilia. In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.
Rilevanti sono le importazioni dall’estero che nel 2018 sono risultate pari a 27,8 milioni di chili in aumento del 18% rispetto all’anno precedente. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 11,3 milioni di chili e la Cina con 2,5 di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare.
“Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti.
Al momento dell’acquisto è molto importante leggere attentamente le etichette per verificarne la provenienza: se il miele è esclusivamente ed interamente raccolto in Italia per legge deve essere obbligatoriamente riportata in etichetta la parola “Italia”; se invece si tratta di una miscela di mieli di diversa provenienza, in etichetta sono presenti le diciture “miscela di mieli originari della CE”, oppure “miscela di mieli non originari della CE”, oppure “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
Secondo il Report 2018 i valori di vendita di miele nazionale, sia attraverso la GDO che la vendita a dettaglio, possono essere stimati in oltre 140 milioni di euro, con una dinamica negativa sia rispetto al volume (-5%) che al valore (-3,6%) rispetto al 2017 che aveva invece segnato buoni tassi di crescita.
Tuttavia, continua ad essere significativa l’importazione di miele da altri paesi che già nel primo quadrimestre del 2018 ha fatto registrare una crescita del 32% per un totale di oltre 9,4 milioni di chili, provenienti in particolare dall’Ungheria (+64%), dalla Romania (+46%), dalla Polonia (+34%) e dalla Cina (+19%).
Ciò significa che al momento dell’acquisto è molto importante leggere attentamente le etichette per verificarne la provenienza: se il miele è esclusivamente ed interamente raccolto in Italia per legge deve essere obbligatoriamente riportata in etichetta la parola “Italia”; se invece si tratta di una miscela di mieli di diversa provenienza, in etichetta sono presenti le diciture “miscela di mieli originari della CE”, oppure “miscela di mieli non originari della CE”, oppure “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
L’acquisto direttamente dal produttore in Aziende, Mercati e Agriturismi di Campagna Amica è sicuramente un’ulteriore garanzia, oltre che una scelta consapevole a sostegno della biodiversità e della natura.
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